di Rosa Sica
Il golden power è lo ‘scudo’ che il governo può usare con l’obiettivo di salvaguardare gli assetti delle imprese operanti in ambiti ritenuti strategici e di interesse nazionale. Fornisce al governo ‘poteri speciali’ per dettare specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni, porre veti o imporre determinate delibere societari per alcuni settori delimitati. Il golden power, introdotto nel 2012, ha di fatto superato in Italia lo strumento della ‘golden share’, che nel 2009 fu oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, che pur riconoscendo “legittimo e difendibile” il fine di salvaguardare gli interessi vitali dello Stato, ritenne che il sistema italiano andasse oltre tale obiettivo e dunque violasse la libera circolazione dei capitali. La golden share, introdotta nell’ordinamento negli anni Novanta (legge n. 47/94), consentiva allo Stato, in caso di privatizzazione di imprese pubbliche, di conservare una partecipazione azionaria “con diritto di veto sulle scelte aziendali cruciali”. Con il passaggio al golden power si passa dalle partecipazioni azionarie munite di prerogative speciali ad un potere di intervento dello Stato su specifiche operazioni in settori strategici. La materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in alcuni ambiti ritenuti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni, è disciplinata con con il decreto-legge n. 21 del 15 marzo 2012 n. 21. Nel 2019 sono state introdotte alcune modifiche che allargano l’esercizio dei poteri speciali anche alle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G. Società come Tim, quindi nel settore delle telecomunicazioni con gestione della rete, hanno quindi dovuto adeguare la propria organizzazione interna alle regole del Golden Power prevedendo specifici presidi a tutela degli interessi strategici nazionali. Un forte rafforzamento del golden power è arrivato nel 2020, con un’ulteriore estensione a nuovi settori. La legge di conversione del cosiddetto decreto Liquidità ha infatti esteso il controllo dai settori tradizionali delle infrastrutture critiche e della difesa, a quello finanziario, creditizio, assicurativo, energia, acqua, trasporti, salute, sicurezza alimentare, intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cybersecurity. L’approccio del governo Draghi su questo strumento è cauto. “Va usato quando è necessario ed è previsto dalla legge. E’ un uso di buon senso del golden power”, spiegava il premier ad aprile.
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