“Con un fatturato poco superiore ai 2,3miliardi di euro l’Italia si conferma leader nella manifattura farmaceutica Cdmo in Europa, davanti a Germania (2,1 mld) e Francia (1,9 mld). E se si considerano anche gli altri Paesi del vecchio Continente il totale del fatturato del comparto è di quasi 10 miliardi. L’Italia si conferma anche uno tra i principali Paesi in termini di addetti: 11.500 persone occupate, il 90% laureato o diplomato. Il dato più alto dopo la Germania (12.629)”. Lo afferma Giorgio Bruno, presidente del Gruppo Cdmo – Specialisti della manifattura farmaceutica di Farmindustria. Il settore conto terzi – Cdmo, ovvero Contract Development and Manufacturing – dagli anni ‘90 si è affermato a livello internazionale come un modello organizzativo largamente diffuso, per la produzione e lo sviluppo di farmaci presso fabbriche e laboratori dedicati, dotati di ampie capacità operative. La conferma che la manifattura farmaceutica vola anche nel 2021 arriva dallo studio Prometeia, giunto alla sesta edizione. Secondo il report, l’Italia non solo è il primo produttore continentale con 2,3 miliardi di euro di valore della produzione sviluppati (pari al 23% dei circa 10 miliardi stimati per il totale Europa) ma le imprese attive nel nostro Paese hanno saputo conquistarsi spazi sempre più rilevanti nel panorama europeo. Ciò grazie, in particolare, agli investimenti per lo sviluppo in produzioni a maggiore complessità e valore aggiunto, che hanno sostenuto una forte crescita delle vendite estere e permesso un costante rafforzamento delle performance di questo comparto rispetto alla media manifatturiera. Bene anche le produzioni biologiche e a elevata tecnologia “che hanno evidenziato – sottolinea Bruno – una forte espansione nel corso dell’ultimo decennio, arrivando a sfiorare il 20% del fatturato complessivo nel 2020, dal 5% del 2010. I dati rivelano anche un forte aumento delle produzioni iniettabili, in particolare nel 2020, che rappresentano il 50% del fatturato. Il comparto mostra una crescita in tutte le sue specializzazioni – aggiunge – e un aumento della quota delle produzioni iniettabili e di quelle biologiche e a elevata tecnologia. Un trend positivo confermato anche nel 2021”. Il fatturato esportato – si legge nello studio – è più che raddoppiato nell’ultimo decennio, facendo salire la quota di produzione diretta oltre i confini nazionali dal 57% del 2010 a livelli prossimi al 75% nel biennio 2020-2021. Un significativo contributo a questa crescita è stato offerto dal continuo rafforzamento delle vendite dirette ai mercati avanzati, quali gli Stati Uniti, che nel 2021 rappresenteranno il 30% dell’export complessivo del comparto, i 27 Paesi dell’Ue (35%) e Giappone (4%). L’elevata propensione all’investimento, anche in digitalizzazione e sostenibilità ambientale, ha contribuito al costante sviluppo del comparto. Importante anche il ruolo della filiera. Un ruolo fondamentale per permettere ai Cdmo attivi in Italia di rafforzare la propria leadership nel panorama europeo lo ha avuto anche la costante propensione all’investimento. “Nel 2021 – prosegue il presidente Bruno – il rapporto tra investimenti e fatturato è stimato pari al 20,1%, con un’incidenza quasi tripla rispetto alla media manifatturiera e in crescita in confronto al 2020 (14,3%) e 2019 (13,7%). I 2/3 degli investimenti riguardano le linee produttive – cuore dell’attività del comparto – con un netto aumento in nuove linee/impianti, segnalando un’ulteriore espansione della capacità produttiva”. Negli anni più recenti si è rivelata particolarmente elevata la propensione a investire anche nella digitalizzazione degli impianti e nel miglioramento dell’efficienza energetica e, in generale, nella sostenibilità ambientale (gestione dei rifiuti, protezione di aria e clima). Nel descrivere il successo del comparto va sottolineato inoltre il ruolo della filiera: l’elevato grado d’integrazione con gli operatori a monte e a valle consente infatti ai Cdmo di rispondere velocemente e con un elevato grado di flessibilità e innovatività alle richieste dei clienti finali. La stabilità delle relazioni lungo la catena di fornitura è pertanto un aspetto strategico per una filiera che, considerando anche input produttivi, beni di investimento e servizi specialistici strumentali alla produzione, arriva ad attivare circa 4 miliardi di euro. E la manifattura farmaceutica, grazie a qualità, eccellenza, tecnologia e innovazione ha affrontato la pandemia da protagonista. Ma non mancano gli ostacoli. ““Per mantenere e ampliare l’attività del Cdmo nei prossimi anni, anche nell’ottica di consolidare la produzione farmaceutica europea – osserva Giorgio Bruno – sarà strategica la partnership tra le Istituzioni e le imprese per aumentare la competitività del comparto. In questo senso, è fondamentale per le imprese poter contare su un quadro regolatorio stabile e chiaro, requisito fondamentale per gli investimenti, con processi decisionali della Pubblica amministrazione nel pieno rispetto di standard internazionali di qualità e sicurezza, ma più veloci e adatti all’innovazione e alle nuove tecnologie, al fine di aumentare l’attrattività degli investimenti in Italia e in Europa”, conclude.