Il sistema agroalimentare si conferma, anche nell’anno della pandemia, settore chiave della nostra economia. La contrazione del valore della produzione della branca agricoltura, silvicoltura e pesca, pari al -2,5%, si é collocata ben al di sotto di quella dell’intero Pil, che ha vissuto la caduta piú rilevante a partire dalla Seconda guerra mondiale (-8,9%). Il crollo della ristorazione fuori casa, solo in parte compensata dalla crescita del commercio (dettaglio e ingrosso) e dall’impennata delle vendite alimentari on line, si sono tradotti in una contrazione del fatturato (-4,8%), il cui valore ammonta ad oltre 512 miliardi di euro, con un peso sull’intero sistema economico pari al 17% del totale. E’ quanto emerge dai dati dell’Annuario dell’agricoltura italiana 2020 del Crea. “L’Annuario fornisce una visione di insieme sulle caratteristiche e le dinamiche attuali del sistema agroalimentare nazionale, evidenziandone le linee evolutive. Si tratta di una serie storica unica, di un consistente patrimonio di conoscenze, di uno strumento prezioso e apprezzato, indispensabile per tutti coloro che sono interessati a saperne di piú del nostro settore primario”, sottolinea il presidente del Crea Carlo Gaudio. A trainare il settore ha contribuito anche il fatturato degli scambi con l’estero: nel 2020, infatti, si registra l’inversione di segno della bilancia commerciale agro-alimentare, il cui saldo, dopo il pareggio dell’anno precedente, per la prima volta presenta un valore positivo, pari a 2,6 miliardi, legato alla buona performance del Made in Italy (+2% di export). Indiscusso il contributo alla bioeconomia da parte dell’agricoltura e dell’industria alimentare, con un peso di oltre il 63% sul fatturato totale, stimato dal Crea in poco meno di 317 miliardi, che colloca l’Italia, insieme a Germania e Francia, in una posizione di leadership a livello europeo. Da segnalare, inoltre, l’incremento del suo peso sul totale dell’economia, salito al 10,2%, proprio grazie alla migliore tenuta mostrata dal primario e dall’industria alimentare, rispetto agli altri settori. Sul fronte della produzione agricola, pari ad oltre 55,7 miliardi, si é registrata una diminuzione del suo valore (-2,4%) sebbene si presentino dinamiche diversificate. Le coltivazioni si rafforzano ulteriormente come la componente principale rappresentando il 53% del totale, mentre il comparto zootecnico si attesta al 29% del totale della produzione agricola nazionale, per la flessione dei prezzi delle carni, a seguito della diminuzione dei consumi. L’Italia continua a detenere all’interno dell’UE il primato dei prodotti di qualitá certificata DOP/IGP (prodotti vitivinicoli, vegetali freschi e trasformati, formaggi e oli di oliva) cui si aggiungono i 5.333 prodotti agro-alimentari tradizionali, quei prodotti ottenuti con metodo tradizionale, dall’elevato valore gastronomico e culturale riconosciuti in ambito nazionale. Negativa, invece, la performance delle attivitá di diversificazione dell’agricoltura, componente assolutamente caratterizzante l’agricoltura italiana, con il loro peso complessivo sul valore della produzione che resta comunque elevato: pari al 20% del totale. In particolare, le attivitá secondarie registrano un calo del -21% circa, a causa della caduta verticale dei servizi legati alle attivitá agrituristiche, dovuta al lockdown. In calo anche il settore ittico nazionale con una contrazione sia delle attivitá di cattura (-26% dei quantitativi sbarcati e – 28% del loro valore), sia delle attivitá di allevamento (-9% della produzione della piscicoltura). Mentre si presenta in controtendenza il settore forestale (+1% della produzione) con l’aumento della superficie boscata (oltre il 36% del territorio nazionale, piú di 11 milioni di ettari, di cui ben 3,5 milioni in aree protette) e l’elevata eterogeneitá, che rendono l’Italia il primo Paese dell’UE in termini di diversitá a livello di specie e di ecosistemi forestali. Si conferma rilevante la spesa pubblica per il settore agricolo: circa 11 miliardi nel 2020. Dall’UE proviene ben il 64% di questo sostegno, mentre, i fondi nazionali coprono appena il 16% e quelli regionali il restante 20%.
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