Un Report del Think Tank ECCO per il WWF fotografa una bolletta gas che finanzia infrastrutture sovradimensionate, con contratti a lungo termine e tassata molto meno di quella elettrica
La struttura della bolletta del gas non include affatto le politiche di decarbonizzazione, né una strategia di phase-out del gas fossile dai sistemi energetici, e non tiene conto del fatto che il gas è un combustibile fossile e il suo ruolo andrebbe ridimensionato, nella prospettiva del suo superamento in uno scenario a zero emissioni di gas serra. L’incremento degli investimenti nelle infrastrutture per il gas, componente onerosa nella bolletta finale, rappresenta un aggravio crescente per i consumatori e una perdita di risorse per lo sviluppo di alternative a zero emissioni. In aggiunta, gli approvvigionamenti del gas sono solitamente legati a contratti di lungo periodo, che rischiano di introdurre un’ulteriore barriera alla decarbonizzazione: queste alcune delle conclusioni cui giunge un’analisi della bolletta del gas in Italia che il WWF ha commissionato a ECCO, il think tank indipendente sulle politiche climatiche, e del quale è stato anticipato l’executive summary. “La narrativa costante negli ultimi venti anni parla di gas come combustibile di ‘transizione permanente’ senza prevedere la fine del suo utilizzo –dice Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia– questa è un’operazione molto rischiosa sia in termini ambientali -bruciare il gas fossile provoca emissioni di CO2 e contribuisce al cambiamento climatico- sia in termini di sostenibilità economica. Oggi siamo costretti ad affrontare il problema dei prezzi dell’energia e del gas, ma non si può pensare di risolvere la situazione solo con misure di emergenza che mantengono in vita una struttura pensata e permeata sui combustibili fossili, o addirittura rischiano di aggravare la situazione in vista della decarbonizzazione. Occorre affrontare i problemi strutturali. Inoltre, il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) e la LTS (Strategia a Lungo termine) non sono aggiornati e non sono coerenti tra loro”. “La regolazione prevede necessariamente l’integrale trasferimento dei costi delle infrastrutture sulle tariffe finali –sottolinea Matteo Leonardi, CEO e co-fondatore di ECCO-. Chi ha la proprietà e programma lo sviluppo delle reti non sostiene rischi economici legati all’incompatibilità futura degli investimenti con le politiche per la salvaguardia del clima e tali costi saranno sostenuti dai consumatori finali. Chi può decidere se integrare nuove infrastrutture nella tariffa (L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) deve basarsi su una precisa strategia per il clima per validare le richieste delle imprese di distribuzione e trasmissione gas in considerazione della loro compatibilità con un scenario climatico allineato agli obiettivi ambientali.”. Il rapporto sottolinea che a oggi il gas naturale non paga nei prezzi finali una componente ambientale significativa, soprattutto quando paragonato al settore elettrico. Per un utente domestico tipo, il costo unitario degli oneri ambientali nella bolletta gas è pari solamente a 0,8 €/GJ (gigajoule), mentre nella bolletta elettrica tale costo è uguale a circa 15,8 €/GJ. Tale disequilibrio dovrà essere corretto poiché rappresenta una barriera importante per l’elettrificazione dei consumi finali. È necessaria una nuova governance della bolletta del gas che parta da una strategia ordinata di phase-out come matrice per validare nuovi investimenti e un riordino del sistema tariffario per equilibrare i costi ambientali dei consumi energetici di elettrico e gas in sintonia con gli obiettivi di decarbonizzazione. Al contrario, la mancanza di una strategia di phase-out dal gas fossile si traduce in un incremento dei costi complessivi del sistema energetico e un ritardo nello sviluppo di alternative maggiormente sostenibili, con implicazioni sistemiche sulla crescita e la decarbonizzazione degli altri settori. Dal report emerge che: Il settore gas è costituito da un’imponente rete infrastrutturale, la realizzazione di nuove infrastrutture ha effetti di lungo periodo nel sistema energetico. Gli approvvigionamenti gas sono solitamente legati a contratti di lungo periodo. In Italia il 60% dei contratti gas ha una durata residua superiore ai 10 anni e circa il 30% dei contratti superiore ai 20 anni. Se non inseriti in una precisa strategia di phase out i contratti di approvvigionamento rischiano di introdurre un’ulteriore barriera alla decarbonizzazione. I potenziali di biogas e idrogeno non sono lontanamente confrontabili con gli attuali volumi di gas: i contributi di idrogeno e biogas negli scenari di decarbonizzazione di lungo periodo non coincidono con le attuali infrastrutture di trasporto e distribuzione di gas fossile. La bolletta de gas trasferisce sulle tariffe finali di consumo i costi di investimento, la remunerazione ed i rischi legati agli investimenti stessi. Oggi, la componente infrastrutturale incide per il 32% della tariffa gas (al netto delle imposte). In assenza di una precisa programmazione del phase-out del gas, il rischio di un sovra investimento nelle infrastrutture gas è estremamente elevato. In Italia, la domanda gas si mantiene costantemente a livelli inferiori al 2005, e le politiche di decarbonizzazione indicano un’ulteriore diminuzione della domanda, mentre l’infrastruttura di gas esistente in Italia risulta già sovradimensionata rispetto alla domanda attuale ed alla previsione di domanda futura.
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