Il primo è Sant’Antimo, in provincia di Napoli, commissariato da quasi due anni per condizionamenti mafiosi. L’ultimo è Marcon, in provincia di Venezia, amministrato da una maggioranza di centrodestra. Dall’uno all’altro, scorre un elenco di 2.325 opere, immaginate dagli enti locali per riqualificare i rispettivi territori. Sarebbero tutte meritevoli di sostegno, secondo i ministeri dell’Interno e dell’Economia, ma ci sono soldi solo per 1.784. Fra i 541 progetti che sono stati ammessi ma non finanziati, 210 risultano presentati da 53 Comuni del Veneto. È riassumibile in questi numeri la protesta di Mario Conte, sindaco leghista di Treviso e presidente regionale di Anci, a nome dei colleghi rimasti esclusi dal bando per la rigenerazione urbana: 3,4 miliardi di euro, tratti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, destinati più al Sud che al Nord.
Prima assoluta è la Campania, con 79 municipi, per un’erogazione complessiva di 489 milioni. Seguono la Sicilia, con 60 centri e 423 milioni, e la Puglia, con 59 realtà e 399 milioni. Appena sotto il podio c’è il Lazio, con 53 città e 336 milioni. Speculare è la posizione del Veneto: quartultimo con 7 Comuni e 30 milioni, mentre il fanalino di coda è il Friuli Venezia Giulia, con una sola opera da 1,6 milioni. Nel mirino del Nordest, e non solo, ci sono i due criteri in base a cui sono state ripartite le risorse. Il primo prevede una distribuzione «almeno proporzionale alla popolazione residente» in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna. Il secondo è costituito dall’«indice di vulnerabilità sociale e materiale», calcolato con un algoritmo che tiene conto di sette indicatori, tra cui la percentuale di popolazione «analfabeta e alfabeta senza titolo di studio», l’incidenza di giovani di 15-29 anni «non attivi e non studenti», la quota dei nuclei familiari «con potenziale disagio economico» e «assistenziale».