In Sicilia si confermano le “dinamiche operative” e gli “assetti strutturali” in base ai quali “famiglie di Cosa nostra coesistono e talvolta stringono alleanze finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi criminali con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate, ma ugualmente aggressive”. E’ un passaggio della relazione della Dia sulla mappa delle mafie in Italia relativa al primo semestre del 2021. Sull’Isola, tra le mafie straniere, quella nigeriana appare “ben insediata e particolarmente attiva in diversi ambiti criminali e verosimilmente senza aperte conflittualità con le storiche famiglie siciliane”. La relazione presentata in Parlamento conferma la tendenza dei sodalizi mafiosi a una “progressiva occupazione del mercato legale”, maggiormente evidente per le “consorterie più evolute”, mentre l’uso della violenza è “sempre più residuale”. È quanto emerge dalla Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre del 2021, presentata al Parlamento. In particolare, secondo il documento, le recenti attività info-investigative confermerebbero che “le organizzazioni criminali di tipo mafioso nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti facciano ricorso sempre più residuale all’uso della violenza con linee d’azione di silente penetrazione nel mondo imprenditoriale e produttivo e quindi di mimetizzazione nel tessuto economico e sociale”. In base alla relazione, l’analisi “sull’andamento della delittuosità” continua a mostrare che le organizzazioni criminali si muovono secondo “una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio”. Le consorterie sarebbero inoltre interessate alle “più moderne tecnologie” e in particolare a “tutti gli strumenti che permettono un rapido e invisibile passaggio di denaro”. A tal proposito, viene evidenziato il ricorso a pagamenti con criptovalute, quali “i Bitcoin e più recentemente i Monero che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”. Sul piano delle nuove minacce in tema di riciclaggio vanno quindi considerate le “procedure di e-commerce dei non fungible token allorquando potrebbero essere volte – è spiegato – a nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni”. Tali pratiche, dal momento che si svolgono in un ambito non ancora normato, potrebbero costituire una “nuova e appetibile opportunità”. La Ndrangheta “senza abbandonare il ruolo di leader nel traffico internazionale di cocaina” potrebbe “tentare una ulteriore espansione dei propri affari illeciti anche attraverso possibili mutamenti degli equilibri criminali con sodalizi di diversa matrice”. Le cosche calabresi in una sorta di “modello criminale fluido” sembrano “sempre più capaci – si legge nel documento – di allacciare relazioni sia con le organizzazioni leader nel narcotraffico, sia con funzionari e rappresentanti degli enti locali, imprenditori e liberi professionisti, la cui collaborazione appare strumentale alla realizzazione degli affari illeciti connessi con l’infiltrazione nell’economia”. C’è poi la Camorra che appare caratterizzata da “stabili equilibri criminali consolidatisi nel tempo”. Tali equilibri costituiscono “sempre espressione di un più ampio progetto riconducibile a due sole organizzazioni criminali in grado di dettare le linee guida alle associazioni aderenti”. Per quanto riguarda i sodalizi pugliesi, invece, si registrano varie espressioni criminali legate alla provincia di Foggia, al territorio di Bari e al basso Salento. In generale, secondo la relazione, i sodalizi mafiosi sembrano continuare a orientarsi verso settori del gioco d’azzardo e delle scommesse realizzando circuiti paralleli a quello legale. Si registrano anche infiltrazioni ad opera della criminalità organizzata, soprattutto Camorra e ‘Ndrangheta, nel settore del contrabbando di prodotti energetici (olio lubrificanti ed oli base) per via dei vantaggi economici che derivano dalla “possibilità di immettere sul mercato prodotti a prezzi sensibilmente più bassi di quelli praticati dalle compagnie petrolifere”. Infine, la Dia pone l’attenzione anche sul rischio che le mafie si interessino alle risorse del Pnrr. “Considerata la spiccata capacità imprenditoriale, peraltro evidenziata durante il perdurare dell’emergenza sanitaria – si legge nella relazione – con la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale, è più che ragionevole ipotizzare che le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni verso i fondi comunitari destinati al noto Piano Nazionale Ripresa e resilienza”. Il rischio è che i finanziamenti possano “rappresentare una ulteriore fonte di guadagno a vantaggio delle consorterie”.
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