La tribù dei nomadi digitali cresce e “promuove” l’Italia secondo quanto emerge dal Secondo Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia, uno studio condotto dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali e da Airbnb. Da dimenticare il classico stereotipo del ventenne, single, freelance della tecnologia al lavoro da qualche remota località asiatica. I nuovi nomadi 2.0, per i quali il Parlamento ha appena disegnato un ‘visto’ di soggiorno apposito, sono oggi in prevalenza esperti di marketing e comunicazione over 35, si spostano con il partner e non disdegnano di soggiornare oltre 3 mesi in Italia, meglio se in una delle regioni del sud. Il rapporto verrà presentato domenica a Milano in occasione della giornata di apertura Bit 2022. – L’IDENTIKIT DEL NUOVO NOMADE DIGITALE – Il 46% dei remote worker intervistati ha già fatto esperienze di nomadismo digitale, mentre il restante 54% dichiara di volerlo fare nel prossimo futuro. Se il fenomeno interessa maggiormente le donne, che rappresentano il 54% degli intervistati, l’età di riferimento è quella dai 25 ai 44 anni (67%). PRIMA IL SUD – Il Mezzogiorno e le isole sono destinazioni gradite complessivamente da ben 3 intervistati su 4 (76%). Le attività che vorrebbero maggiormente sperimentare e che interessano di più remote worker e nomadi digitali sono: gli eventi culturali e quelli enogastronomici (60%), seguiti da attività a contatto con la natura (51%), esperienze originali e caratteristiche del territorio (40%) e da attività di socializzazione con la comunità locale (37%). GLI OSTACOLI – Gli aspetti più rilevanti e irrinunciabili per i remote worker che vorrebbero vivere un’esperienza di nomadismo digitale in Italia e che influenzano la scelta della loro destinazione sono: la qualità della connessione a Internet (65%), costi della vita (61%) adeguati alle loro esigenze, attività culturali (40%) e la possibilità di sperimentare le tradizioni locali (37%).