Più di quattro imprenditori su dieci in Sicilia difronte all’eventualità di denunciare usurai ed estorsori non saprebbero cosa fare. Per il 30 per cento degli imprenditori del Sud l’usura è il fenomeno criminale che preoccupa di più e che è aumentato dallo scoppio della pandemia. Due dati emersi dallo studio di Confcommercio e illustrati oggi a Villa Igiea nel convegno “Il ruolo delle rappresentanze d’impresa contro la criminalità a 30 anni dalle stragi di mafia” organizzato dall’associazione dei commercianti nell’ambito dell’iniziativa “Legalità, ci piace” che vuole promuovere e rafforzare la cultura della legalità, prerequisito fondamentale per la crescita e lo sviluppo. Certo, c’è anche il 60 per cento degli intervistati da Confcommercio che assicura di volersi rivolgere alle forze dell’ordine nel caso diventasse vittima di estorsioni e usura, ma per ora – e a dirlo sono le indagini della Dda di Palermo – sono pochi i commercianti che denunciano. All’appuntamento di Confcommercio hanno partecipato fra gli altri il sottosegretario alla Giustizia Anna Macina, Maria Falcone, presidente fondazione Falcone; Mario Muccio, vicario del Commissario antiracket e antiusura; Giuseppe Forlani, prefetto di Palermo; Antonio Balsamo, presidente del tribunale di Palermo. “L’azione delle imprese nella lotta alla mafia è fondamentale. Solo attraverso lo sviluppo economico si può vincere la mafia. Abbiamo una grande sfida davanti, i fondi del Pnrr possono essere l’occasione della rinascita per la Sicilia – commenta Maria Falcone – Contro il fenomeno del pizzo è necessaria una repressione forte e costante, degna di uno Stato di diritto come diceva mio fratello Giovanni. Gli imprenditori siciliani hanno il dovere di riscrivere la storia economica di questa terra, di creare una scuola d’impresa diversa, per far sì che nasca una società in grado di ribellarsi alla criminalità”.