Se a livello europeo, negli ultimi decenni, la parità di genere ha subito una progressiva evoluzione, con alcuni eclatanti esempi di donne in ruoli di comando a livello istituzionale, l’Italia presenta ancora un divario di genere nel mondo del lavoro. A confermarlo i dati contenuti in una recente indagine realizzata da EY insieme a Swg: solo l’1,7% delle donne ricopre il ruolo di ad in società quotate e solo lo 0,7% nelle banche, ma anche negli altri settori, complice la crisi economica legata alla pandemia, il gender gap è cresciuto ulteriormente. “Con la pandemia abbiamo assistito all’emergere di nuovi fenomeni che hanno trasformato profondamente il mondo del lavoro. Basti pensare alla fase pandemica e post-pandemica dove moltissime donne hanno scelto di lasciare il mercato del lavoro o comunque di ridurre le proprie ore”, dichiarano Carlo Majer ed Edgardo Ratti, co-managing Partner di Littler Italia, il più grande studio di diritto del lavoro al mondo, con oltre la metà di quote rosa, tra cui la Ceo Erin Webber, che da sempre investe una serie di risorse in programmi volti a migliorare la leadership femminile. Inclusione, diversità, parità di genere, sono temi sempre più attuali, tanto da essere entrati anche nelle misure previste dal Pnrr, ma quanto davvero si sta facendo per portare avanti un cambiamento che è molto profondo, perché fondato su un background culturale radicato difficile da modificare? Negli ultimi anni, qualche passo in avanti è stato compiuto e la nuova legge 162/2021 può rappresentare una svolta rivoluzionaria all’interno delle aziende offrendo uno strumento concreto per incentivarle a valorizzare la leadership femminile e ridurre i gap di genere. “Da un punto di vista tecnico, la certificazione di parità – spiega Alessandro De Palma, partner del dipartimento labour di Orsingher Ortu – prevede un riconoscimento formale alle aziende virtuose, che possano dimostrare politiche e misure concrete adottate, in particolare, per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale (a parità di mansioni) e alla tutela della maternità. Queste aziende potranno usufruire di sgravi contributivi (nel limite massimo di 50.000 euro annui) e punteggi premiali nell’ambito di appalti pubblici. Per la prima volta è stato introdotto uno strumento pragmatico che possa stimolare i datori di lavoro ad adottare politiche e azioni volte a ridurre la disparità di genere e auspichiamo che tale novità legislativa, insieme ai fondi messi a disposizione, possa fornire una spinta positiva all’intero sistema-Paese”.
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