di Giovanni Gioioso
Denatalità e “glaciazione demografica” sono l’emergenza nazionale ormai acquista (ma poco o nulla affrontata da politiche a lungo termine). Tuttavia c’è un dato che più di altri fa emergere la gravità del fenomeno: sono i giovani i protagonisti loro malgrado del calo demografico in atto nella società italiana. Nel 2023 – scrive il Rapporto Istat 2023 – in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila giovani in età 18-34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%). La riduzione dei giovani dal 2002 al 2023 è stata del 28,6 per cento nel Mezzogiorno, a causa della denatalità e della ripresa dei flussi migratori, contro il 19,3 nel Centro-Nord, dove il fenomeno è attenuato da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri. Le previsioni demografiche complessive indicano una tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento: entro il 1° gennaio 2042, la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità, e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni. La riduzione è stata più ampia nelle aree interne (-25,7 %) rispetto ai Centri (-19,9), e nelle Zone rurali (-26,9 per cento) rispetto alle Città (-19,2 per cento); nel Mezzogiorno, il calo è più ampio in ciascuna di queste tipologie. Gli attuali giovani hanno transizioni sempre più protratte verso l’età adulta: nel 2022, il 67,4% dei 1834enni vive in famiglia (59,7 per cento nel 2002), con valori intorno al 75 per cento in Campania e Puglia. Si posticipano anche la nuzialità e la procreazione. Nel 2022, l’età media al (primo) matrimonio è di 36,5 anni per lo sposo (31,7 nel 2002) e 33,6 per la sposa (28,9 nel 2002); quella della prima procreazione per le donne è salita a 31,6 anni, contro 29,7 nel 2002. Nell’ultimo decennio (20122023) la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di unità (-1,8 per cento). Hanno subito un intenso declino demografico in prevalenza le regioni del Mezzogiorno (-4,7 per cento la variazione media della ripartizione, dovuta in buona parte alle migrazioni interne), a fronte di una perdita complessivamente trascurabile del CentroNord(-0,3 per cento). Le città metropolitane sono il cuore dell’invecchiamento: in Italia il 24% della popolazione ha oltre 65 anni e oltre un terzo di questa (circa 5 milioni) vive nelle 14 città metropolitane. Quasi un terzo di questi anziani vivono da soli, contro meno del 30% a livello nazionale. D’altra parte, sono anche più istruiti rispetto alla media nazionale: oltre un terzo è in possesso almeno del diploma (circa un quarto in Italia) e l’11,1% ha conseguito una laurea o altro titolo terziario (oltre l’8% di media nazionale). Lo spopolamento che interessa oggi le aree più marginalizzate si distingue per essere accompagnato da un fortissimo invecchiamento demografico. La relazione, osserva l’Istat, tra i due fenomeni è bidirezionale: in passato l’emigrazione ha contributo all’intensificarsi del processo di invecchiamento; nei tempi recenti quest’ultimo sembra contribuire allo spopolamento anche per mezzo del crollo delle nascite, fenomeno a sua volta dovuto all’erosione della platea dei potenziali genitori a opera dell’emigrazione.