Ora che i numeri della crisi europea sono chiari a tutti, dipingendo lo scenario economico peggiore del secolo, la Commissione Ue puo’ cominciare con il suo pressing sulle capitali. L’obiettivo e’ arrivare a convincere anche i piu’ riluttanti che serve subito un piano per la ripresa, o Recovery plan, capace di dispiegare la sua potenza di fuoco gia’ dal secondo semestre del 2020, in modo da aiutare soprattutto quelle economie finite nel baratro per colpa di una crisi di cui non hanno responsabilita’. Un piano europeo allenterebbe anche la pressione sulla Bce, finita nel mirino della Corte tedesca proprio per il suo programma di acquisto di titoli che sta dando sollievo ai Governi dell’Eurozona, incapaci finora di decisioni ambiziose per risollevare l’economia europea. Una posizione che rischia di complicare un equilibrio delicato dando fiato alle posizioni piu’ oltranziste. Le divergenze economiche nell’Unione e nell’Eurozona erano gia’ molte prima dell’emergenza coronavirus, ma la crisi che si e’ abbattuta con piu’ violenza su alcuni le ha aumentate, portando alla luce una delle grandi contraddizioni dell’Ue: un’Unione di Paesi senza capacita’ di bilancio comune sara’ sempre a rischio di dissoluzione. “Questa crisi riguarda tutti gli Stati membri, ma la ripresa varia” anche a seconda “dello stato dell’economia”, quindi “le economie piu’ forti sono in una posizione migliore per sostenere lavoratori, famiglie e imprese. Dobbiamo evitare di finire con grandi disparita’ nel mercato interno, che diventano fisse. E’ il motivo per cui dobbiamo subito approvare un piano di rilancio europeo ambizioso”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. Il commissario all’economia Paolo Gentiloni, presentando i dati della crisi, ha certificato proprio i timori che da settimane agitano alcuni: “Sia la recessione che la ripresa saranno disomogenee”, perche’ “i dati aggregati a livello europeo nascondono considerevoli differenze fra Paesi”. Pero’ qualcosa sta cambiando: “Credo che tutti i governi ragionevoli abbiano chiaro che stiamo rischiando cose fondamentali come la parita’ di condizioni (level playing field) fra Paesi, il Mercato unico, la convergenza nell’Eurozona e altro ancora. Se perdiamo o rendiamo piu’ fragili questi aspetti, le conseguenze non saranno solo per i Paesi ‘frugali’ o quelli del Sud, ma saranno molto gravi per tutti gli europei”, ha detto. La speranza e’ che ora il Nord sia piu’ disponibile ad accettare che ai piu’ deboli vadano rapidamente una parte di sovvenzioni a fondo perduto, e non solo prestiti che aumenterebbero il loro debito. E che venerdi’, alla chiusura del negoziato sul Mes, nessuno chieda condizioni che irritano i Paesi del Sud, come un monitoraggio rafforzato delle istituzioni sulle spese.