“Non esulto, non sventolo le bandiere. Era un atto dovuto, di civiltà. Dico piuttosto a queste persone: ‘Scusate il ritardo’. Non stavamo parlando di braccia, parlavamo di persone. Non c’è solo l’utilità, c’è la giustizia”. Lo dice intervistato da La Repubblica, Giuseppe PROVENZANO, ministro per il Sud e la coesione territoriale a proposito del dl Rilancio approvato ieri che comprende la regolarizzazione dei migranti. “Non si parla – osserva – più solo del settore agricolo, ma anche delle attività connesse, del lavoro domestico di colf e badanti. Non potevamo dimenticare chi in queste settimane di lockdown ha consentito che arrivasse il cibo sulle nostre tavole, compresa quella di Salvini, ma nemmeno di chi si è preso cura delle nostre case, dei nostri anziani”. PROVENZANO spiega poi il funzionamento del provvedimento: “Accanto alla regolarizzazione ‘tradizionale’ cioè l’emersione del lavoro irregolare con il datore di lavoro che ne dichiara la sussistenza e sana la situazione, si dà la possibilità di sottoscrivere, con qualsiasi immigrato irregolare, un nuovo contratto nella legalità”. E sul lavoro nero sottolinea: “Soprattutto al Sud, nelle campagne, ci sono italiani, moltissime donne, malpagati e senza contratto. Ho sollevato il tema del lavoro nero subendo la gogna salviniana e della destra che ha sempre difeso gli evasori. Non penso agli sfruttatori, ma agli sfruttati. La crisi è un’occasione per emergere nella legalità”. “Che con la crisi le mafie possano espandere i propri affari è una preoccupazione fondata. Ma la pandemia – afferma il ministro per il Sud e la coesione territoriale – ha colpito anche il mondo sommerso e quello criminale, e sta offrendo alle istituzioni un’opportunità straordinaria: approfittarne per provare a stroncare le mafie e a bonificare le paludi dell’irregolarità”. E conclude: “Dare liquidità a cittadini e imprese, come facciamo con questo decreto, preparare il rilancio produttivo preoccupandoci della vulnerabilità sociale, è la strada giusta. Anche per prevenire che alla pandemia del virus, come dice un prete lucano, segua la “pandemia dell’usura”.